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Di Maria Polimeno

Tornano i rialzi sui carburanti: dopo settimane di stallo del prezzo, l’Eni è intervenuto aumentandoli di 1 centesimo. Intanto, in contrapposizione scende il valore in borsa dell’oro, non più bene rifugio. In base all’elaborazione di Quotidiano Energia relativa ai dati comunicati dai gestori all’Osservaprezzi carburanti del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) il prezzo medio nazionale della benzina è pari a 1,624 euro/litro per la modalità self-service e 1,758 euro/litro per il servito. Quello del diesel va da 1,512 euro/litro per il self e 1,648 euro/litro per il servito. Il Gpl (gas liquido propano) va da 0,637 euro/litro a 0,665 euro/litro.

I “Future” (un contratto con il quale le parti si obbligano a scambiarsi ad una data scadenza un certo quantitativo di petrolio, ad un prezzo stabilito) sul petrolio greggio statunitense West Texas Intermediate (WTI) e lo standard internazionale, il Brent, si muovono in rialzo. I “Future” sul greggio WTI con scadenza a luglio arrivano a 63,66 dollari con un rialzo di 0,74 dollari (+1,18%), mentre i “Future” sul greggio Brent con scadenza ad agosto a 72,06 dollari con un rialzo di 0,80 dollari (+1,11%).

Gli analisti di Equita, società di investitori istituzionali nazionali e internazionali, ricordano che nel dicembre 2018 l’Opec (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio), la Russia e altri produttori non membri hanno formato un’alleanza nota come l’Opec +, accettando la riduzione della produzione di 1,2 milioni di barili al giorno dal 1° gennaio 2019 per 6 mesi, accordo volto alla riduzione delle scorte nel sistema.

L’obiettivo, secondo gli analisti della Sim (Società di Intermediazione Mobiliare) è la possibilità che, durante il meeting di giugno dell’Opec a Vienna, si possa stabilizzare il prezzo del petrolio al di sopra dei 60 dollari al barile. Secondo alcuni analisti, l’iniziale impennata dei prezzi cominciata a marzo, è stata alimentata dai commenti del ministro saudita dell’energia Khalid al-Falib che ha parlato del consenso da parte dell’Opec e dei suoi alleati “per continuare la strategia di limitare la produzione, tagliare l’eccesso di offerta globale e stabilizzare i prezzi”.

“Nella seconda metà del 2019 l’OPEC+ ha diverse opzioni disponibili, compreso un possibile aumento della produzione. Siamo favorevoli a continuare la nostra cooperazione con i nostri colleghi di altri paesi”, ma se si scopre che ci sarà una carenza di mercato, saremo pronti ad esaminare le opzioni legate ad un possibile aumento della produzione”. Afferma Alexander Novak (ministro russo dell’Energia).

Intanto l’oro è diminuito dello 0,75%, arrivando così a quota 1277,35 dollari (prezzo più basso delle ultime due settimane, dopo aver toccato un massimo relativo di 1304,15 dollari l’oncia). La quotazione del metallo giallo si sta indebolendo proprio come è accaduto nel 2018, quando ha subito la concorrenza del dollaro, con  gli investitori alla ricerca di un porto sicuro.