La doppia retromarcia del Governo
Reinserita nel Codice degli Appalti la Certificazione della Parità di Genere
(di Sabrina Bernardi, avvocata civilista, aderente Rete per la Parità)
E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1 aprile il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, avente per oggetto il Codice dei Contratti Pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78.
Forte è stato il rischio corso, davvero concreto, della “sparizione” della Certificazione di Genere come requisito premiale per le aziende che partecipano a bandi pubblici.
E’ tornata in “zona cesarini” nell’art. 108 – “Criteri di aggiudicazione degli appalti” – ove compaiono ora le premialità di cui all’art. 46 bis del Codice Pari Opportunità previste nel codice vigente del 2016 per le aziende certificate che non comparivano nello schema che il Governo aveva sottoposto al Parlamento.
Le proteste seguite allo studio approfondito di un testo complesso, frutto della collaborazione di tante associazioni e reti di associazioni, e del coinvolgimento di Parlamentari, ha portato a raggiungere l’obiettivo prefissato di salvaguardare l’importanza delle premialità previste per le aziende che riducano il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
Leva determinante, tra le tante osservazioni, è stato il sottolineare quanto la mancata attenzione alla riduzione del gap sociale ed economico di genere avrebbe disatteso la parità di genere, uno degli obiettivi fondamentali del PNRR e priorità trasversale del Next Generation EU.
Il PNRR (e di conseguenza il Codice Appalti che ne regolamenta il funzionamento per quanto riguarda le opere pubbliche) è uno dei principali strumenti per ridurre il divario di genere che, specie nelle dimensioni occupazionali, pone l’Italia come fanalino di coda della UE e ne inficia lo sviluppo e la crescita economica e sociale.
Adesso inizia una seconda fase del Nuovo Codice degli Appalti la cui completa efficacia è prevista per il 01.01.2024. Una fase durante la quale potrebbero essere introdotte anche modifiche rilevanti, in quanto il testo approvato dal Governo non è stato ancora esaminato dall’Unione Europea.
Periodo complesso, atteso che il Governo ha approvato un testo nel quale esistono ancora nodi irrisolti, quali l’inserimento di disposizioni transitorie riguardanti il codice tuttora vigente (quello approvato nel 2016) e la reintroduzione di norme del precedente codice (quello approvato nel 2006), circostanze che creano diverse criticità di interpretazione e di applicazione per gli addetti ai lavori.
Tra le immediate considerazioni critiche sostanziali, che saranno certamente sottolineate dalle associazioni e dalle forze di opposizione, vi è quella relativa all’opportunità data alle aziende che decidono di usufruire delle premialità di potersi autocertificare e fare a meno dell’intervento degli enti preposti, una modalità che può lasciare spazio ad autocertificazioni di facciata, il cosiddetto fenomeno di Pinkwashing. Ciò anche a discapito delle numerose aziende che hanno già ottenuto la certificazione da parte di enti accreditanti. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione in gazzetta del Codice degli Appalti verrà pubblicato il regolamento che sostituirà integralmente l’allegato al Codice, dove oggi sono indicati anche i requisiti necessari e premiali dedicati alle donne, ai giovani, ai disabili e a tutte le persone svantaggiate. I regolamenti attuativi di qualsiasi norma sono fondamentali e rappresentano un momento essenziale per determinare efficacia o inefficacia di una politica pubblica, specie per un dossier complesso e travagliato come il Nuovo Codice degli Appalti.
Nel nostro ordinamento troppo spesso i regolamenti attuativi hanno dato corpo a sorprese inaspettate e pertanto l’allerta sul Codice degli Appalti, nonostante l’odierna pacata soddisfazione, resta sempre alta.