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Home›Politics & Culture›La fuga di cervelli danneggia l’Italia per 14 miliardi ogni anno

La fuga di cervelli danneggia l’Italia per 14 miliardi ogni anno

By Gianluca Grimaldi
17 Luglio 2019
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Che la fuga di cervelli non fosse un toccasana per il nostro Paese era già noto, ma che si traducesse in un tanto alto danno economico è un’informazione che ha destato stupore e perplessità. Quattordici miliardi di euro l’anno: questa è la perdita dell’Italia causata dal fenomeno dell’emigrazione di massa di giovani menti che all’estero trovano offerte economiche più allettanti e condizioni di vita più favorevoli.

A riferirlo Giovanni Tria, ministro dell’Economia, intervenendo a un convegno sul mondo digitale tenutosi il 16 luglio alla Business School della LUISS: “Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse. La fuga di cervelli dall’Italia verso l’estero ci fa perdere circa 14 miliardi all’anno, ovvero poco meno dell’1% del PIL. Come continente UE stiamo accumulando un ritardo rispetto ad altri player globali. Lo stiamo accumulando sia per la carenza di infrastrutture digitali, sia per la difficoltà delle nostre imprese di innovazione, delle nostre start up a trovare un contesto favorevole per crescere e diventare realtà solide”.

Un fenomeno, quello della fuga dei cervelli, che i sociologi ritengono sia normale conseguenza della globalizzazione: i centri di ricerca, le grandi imprese, le aziende, grazie alla più facile mobilità e comunicazione internazionale tendono ormai a una ricerca del talento senza più considerare la differente nazionalità come ostacolo. Fenomeno che, tuttavia, tende ad amplificarsi in quei paesi che non presentano offerte allettanti ai giovani laureati o neodottorati, così che questi ultimi spesso non possono valutare una vera e propria alternativa e si spostano all’estero per necessità. Di conseguenza una tendenza che dovrebbe tradursi in una risorsa per i giovani cittadini del mondo, si trasforma nella via di fuga obbligatoria da una vita professionale fatta di precariato e, sempre più spesso, di non ritorno nel paese d’origine.

Significativi i dati pubblicati lo scorso anno dalla Fondazione Cei Migrantes nel Rapporto Italiani nel Mondo: le prime tre Regioni da cui si espatria sono rispettivamente Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, seguite da Sicilia e Puglia. In primis dunque regioni ricche ma che comunque non giocano pari partita con altri paesi in cui le attrattive, principalmente legate al mondo della ricerca universitaria, sono estremamente più alte di quelle offerte dall’Italia.

Un andazzo, quello della diaspora dei giovani, che fa perdere all’Italia oltre a ingenti risorse economiche un capitale umano che impoverisce la ricerca, la politica, l’imprenditorialità. Un depauperamento le cui conseguenze si mostreranno a pieno nei prossimi decenni, quando la classe dirigente avrà ormai perduto definitivamente le menti migliori in virtù di opportunità mai concesse.

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