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Mentre continuano le vicende del risiko bancario, altri protagonisti muovono gli asfittici scenari economici italiani.  Tutto è stato messo in movimento dalla società telefonica francese Iliad che ha messo nel mirino Tim. Si prospetterebbe così l’integrazione di due operatori consumer e una semplificazione del mercato richiesta da più parti e da tempo. Anche per rendere meno sanguinosa la competizione e stabilizzare le tariffe. L’effetto immediato è stato un guadagno netto di Tim in borsa con il 15% in un mese. Dopo la vendita della rete al fondo americano Kkr, non si ferma l’attenzione intorno all’ex operatore unico. Un mercato, quello della telefonia consumer, già semplificato dalla fusione di Vodafone e Fastweb, ma che ha evidentemente ancora margine per operazioni tra i top player del ramo. Non solo Iliad, anche Poste italiane entra nella partita per Tim. E a sua volta Vivendi, che partecipa con il 24% – la maggioranza relativa – della compagine azionaria della società diretta da Pietro Labriola, starebbe valutando una cessione di quote al fondo CVC.

 

Va detto che situazione di bilancio di Tim non è florida. Anzi, i debiti appesantiscono notevolmente la società anche se si prevede un aumento dei ricavi e un miglioramento della situazione debitoria. In questo quadro operativo non può che essere meno che alta la vigilanza del governo. E non soltanto perché si parla di un settore strategico come quello delle comunicazioni. Ma perché, dopo la cessione della rete di Tim al fondo americano Kkr, difficilmente a Palazzo Chigi si potrebbe ammettere che l’ex monopolista di stato finisse, attraverso la combinazione azionaria di Iliad e Vivendi, sotto il controllo francese. A dare consistenza alle voci sarebbe la notizia che emissari di Iliad e del fondo Cvc siano stati avvistati neo giorni scorsi al ministero delle finanze. Lo scopo della visita: dare garanzie sull’occupazione e capire i margini di intervento. Ma non a caso è stato fatto filtrare che, se si delineasse uno scenario del genere, il governo potrebbe intervenire utilizzando i poteri del golden power. Intanto, il ceo Labriola si prepara alla presentazione del nuovo quadro strategico. In primo piano ci sarà il mantenimento nel perimetro societario di Tim Sparkle, la società di cavi sottomarini, e il rilancio del settore consumer

  A valle di questo movimento arriva la notizia dello scambio delle rispettive azioni in Tim tra Poste e Nexi, la società di pagamenti elettronici partecipata da Cassa depositi e prestiti, con un ulteriore conguaglio a favore di quest’ultima. Poste entra così in Tim con il 9,81% del capitale e Cdp cresce in Nexi di un altro 3,78% salendo al 18,25%. Con l’ingresso in Tim diventa così definitivo l’ingresso tra gli operatori delle telecomunicazioni in cui peraltro già aveva un piede con Poste mobile. Non si tratta di un intervento da “cavaliere bianco”, ma di un’operazione di rilevanza strategica, che, come chiarisce il comunicato, è finalizzata a concorrere al processo di consolidamento del mercato delle telecomunicazioni. In quest’ottica la società guidata dal Matteo del Fante non chiude la porta neanche a ulteriori operazioni che vedano partecipare Iliad.