Panetta rompe il tabù dei salari italiani
Fabio Panetta fa fischiare le orecchie al Governo
(Di Raffaele Cimmino) Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in una delle sue prime dichiarazioni da che ha assunto l’incarico, ha gettato il suo peso nel dibattito politico in modo non scontato. Lo ha fatto toccando una materia che in Italia normalmente è assai controversa per quanto chiara nei suoi termini, quella dei salari. Panetta non è nuovo ad uscite che si discostano dal mainstream. Già da componente del comitato esecutivo della BCE ha più volte avvertito circa i rischi dell’austerità per la tenuta economica complessiva dell’Europa. Devono essere fischiate le orecchie alla presidente della BCE, Christine Lagarde, quando Panetta in una delle ultime dichiarazioni prima di diventare governatore ha ammonito a non vincolare alla fase rialzista dei tassi la Banca centrale europea. Spiegando che così si sarebbe forse tenuta sotto controllo l’inflazione ma rischiando di innescare una recessione di cui sarebbe stato poi difficile uscire. Meglio adottare una postura flessibile in grado di adattarsi alla congiuntura.
Cosa dice dunque il neo-governatore? Preso atto della stagnazione economica e assodato che l’inflazione è assolutamente sotto controllo, il rialzo dei salari – che ristagnano, va detto, da tre decenni in Italia – è da considerarsi fisiologico e, anzi, auspicabile. Panetta rompe così due tabù. Uno contingente, ed è quello che abbiamo sentito almeno nell’ultimo anno: occorre evitare che parta la spirale prezzi-salari. Panetta fa cadere il velo. In Europa non siamo in presenza di un’inflazione da domanda ma di un’inflazione da offerta, o meglio, un’inflazione provocata dalla rincorsa ai profitti. Basta guardare al livello delle tariffe energetiche del tutto ingiustificate alla luce del prezzo del gas tornato da tempo a livelli fisiologici dopo i rialzi dovuti alla guerra in Ucraina. Il secondo tabù riguarda la politica salariale delle imprese italiane. Panetta mette il dito nell’occhio a chi ha sempre sostenuto il mantra che il problema del sistema produttivo italiano è la produttività, fingendo così di ignorare drammatica dei salari italiani. Ovviamente, il problema delle imprese italiane è anche la produttività. Ma quello che troppo spesso non si dice è che la produttività ristagna prima perché le imprese italiane sono mediamente troppo piccole e poi perché, potendo giovarsi di salari bassi, perlopiù evitano di investire nell’innovazione e nella ricerca, salvo beninteso le eccezioni virtuose. Il governatore della Banca d’Italia dice con chiarezza che aumentare i salari aiuterà a far ripartire l’economia; chiaro? Stavolta le orecchie saranno fischiate a chi presiede un Governo che ha cassato la proposta del salario minimo e fa finta di non accorgersi che in Italia i salari sono fermi da trent’anni.